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 Il Perdono nella coppia

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 18/08/2010 : 12:17:28
Il Perdono nella coppia

di G. Ciappina

°°°

La prevenzione e la cura

Considero la coppia come una delle più grandi e meravigliose
opportunità che la vita ci offre per apprendere l’Arte di amare.
Dentro ogni progetto di coppia vengono concentrati sogni, aspettative,
desideri e bisogni, pretese e speranze, ansie e dolori che sono un
condensato fluido della nostra ‘ragion d’essere’, del motivo ultimo
per cui ci troviamo su questa terra.

Le relazioni di coppia sono anche una straordinaria occasione per
trasformare vecchi modelli relazionali e schemi mentali di
comunicazione, in nuove forme e nuove modalità di percepire noi stessi
nel mondo e in relazione profonda con un Altro. La coppia è quindi
un’arena dove sperimentare continuamente nuovi ‘abiti’ esistenziali e
dove verificare – passo dopo passo – il nostro personale cammino
evolutivo.

Uno degli elementi più insidiosi e che più facilmente portano disagio
nella relazione di coppia è il giudizio critico. Anche se non ce ne
accorgiamo, siamo addestrati e condizionati a giudicare continuamente.
Ogni oggetto, evento, circostanza, episodio e occasione della nostra
vita sono sottoposti inevitabilmente al nostro conscio o inconscio
giudizio.

Questo meccanismo giudicante automatico opera anche all’interno della
vita di coppia, e provoca spesso disastri che a lungo andare diventano
importanti.

Se vogliamo quindi ‘prevenire’, l’opera più efficace di prevenzione è
quella di astenerci dal giudicare, dal criticare, dal misurare ed
esprimere sempre il ‘voto’, come invece ci suggerisce il nostro
meccanismo ‘giudicante’. Il giudizio dell’Altro infatti – seppure
apparentemente supportato da una ragione logica, sostenuto da un
ragionamento apparentemente coerente e rigoroso – spesso è un
contenitore per veicolare emozioni e sentimenti quali rancore,
dispetto, rabbia, insofferenza, odio, ecc.. Se proprio non ne possiamo
fare a meno, cerchiamo almeno di esprimere più che la critica,
manifestare l’emozione che il partner ci provoca, ovvero il nostro
‘sentire’ in risposta al partner. Questo sistema che può essere
definito ‘Parlare in prima persona’, presenta innumerevoli e
riconosciuti vantaggi relazionali. Facciamo un esempio banale: quando
il partner, malgrado gli avvertimenti, per l’ennesima volta lascia il
tubetto di dentifricio aperto, invece di colpevolizzarlo e di
accusarlo, proviamo ad utilizzare il sistema di ‘Parlare in prima
persona’, dicendo ad esempio che la vista del dentifricio aperto
provoca in noi un senso di disagio, oppure un senso di rabbia per il
consumo inutile e lo spreco, oppure meglio ancora un senso di
frustrazione perché ci ricorda i rimproveri di un’educazione rigorosa.

In altre parole, poniamo e facciamo porre l’attenzione del partner sul
disagio che ci provoca e non sul modello filosofico, culturale o etico
anti-capitalista ed ecologicamente compatibile. ‘Parlare in prima
persona’ aiuta il partner a comprendere profondamente: perlomeno offre
un’opportunità per fondare una piattaforma iniziale per un dialogo
autentico. Poi è compito di entrambi i partner di svilupparla fino a
farla diventare uno stile di comunicazione abituale e positivo.

E’ ampiamente dimostrato che la maggioranza dei litigi o dei conflitti
di una coppia sono fondati su discussioni apparentemente banali o di
poca importanza: i conflitti realmente ‘vitali’ sono pochissimi e
spesso si concludono rapidamente. Le battaglie più estenuanti invece
sono proprio quelle istituite sul famoso tubetto di dentifricio
piuttosto che sul luogo delle vacanze, sui ritardi agli appuntamenti:
insomma niente che vada a toccare i valori profondi dei partner, o il
loro progetto di coppia.

Eppure le migliori energie sono impiegate in baruffe e scaramucce che
- al di là di ogni banale apparenza - possono alla lunga logorare
realmente un rapporto fino a farlo concludere amaramente.

E’ molto utile in questi casi porsi interiormente la seguente domanda:
“Ma per me, in questo preciso momento, è più importante avere ragione
ed essere confortato dalla soddisfazione, oppure è più importante
stare bene con te?”
Di solito se posta con spirito sincero, questa domanda ‘interiore’ è
straordinariamente efficace nel far cessare immediatamente le
ostilità.

Certamente non basta porsi occasionalmente una domanda interiore: ma è
utile interrogarsi profondamente su quali siano i Valori su cui è
costruita la propria relazione, chiedersi autenticamente su quali
siano le proprie finalità e quali invece le priorità all’interno della
coppia.

Quando poi non è più possibile fare ‘opera di prevenzione’, perché le
ferite sono ormai consolidate e i dolori sono incancreniti, allora
possiamo utilizzare lo strumento del perdono.

Con una piccola avvertenza: perdonare non è facile per moltissimi
motivi, ma anche perché il perdono non è una procedura, un complesso
di regole, non è un procedimento composto da una serie di criteri o di
step, ma si tratta di una decisione interiore realizzata con il cuore.
In questi casi, la razionalità non ci aiuta: anzi, spesso ci consiglia
di non perdonare e ci mostra con ogni lacerante, ovvia logicità tutte
le ragioni (spesso valide!) per cui il perdono non può essere
concesso.

Se vogliamo perdonare, dobbiamo quindi realizzare un piccolo miracolo:
ovvero astenerci dal valutare una situazione esclusivamente con gli
occhi della razionalità, ma concederci di osservarla solo con gli
occhi del cuore. La nostra razionalità infatti ha già evidentemente
‘giudicato’ e probabilmente - sulla base di fatti concreti, reali e
autentici - ha emesso la sua terribile sentenza di condanna. Se un
partner riceve un’offesa, un tradimento, gli viene negato un diritto,
scatta inevitabilmente un dolore profondo che spesso non può essere
vinto se i partner rimangono pervicacemente legati al ‘piano
razionale’: su questa piattaforma ciò che conta è soltanto l’analisi
dei fatti, concludere ‘chi ha ragione’ e ‘chi ha torto’ ed emettere
una sentenza di condanna.

Questo tipo di analisi – indipendentemente dalla correttezza formale –
non è assolutamente utile quando si tratta di dolore umano. Il ciclo
del dolore viene spezzato solo dal potere del perdono: non esistono
scorciatoie, magie o ricette miracolose. Se vogliamo fare uso dello
straordinario strumento del perdono, dobbiamo quindi non solo fare a
meno della nostra parte razionale, ma forse dobbiamo anche per una
volta, dargli un po’ meno importanza.

Il perdono infatti si pone come finalità ultima quella della
riconciliazione, della rappacificazione (interiore o con un'altra
persona): tale obiettivo diventa la meta più importante, il fine
assoluto a cui va sacrificata ogni considerazione logica, ogni analisi
raziocinante. Per vincere la straordinaria forza della razionalità (e
del bisogno di vendetta) che lascia inevitabilmente nella lacerazione
e nel dolore, dobbiamo usare lo strumento della decisione interiore
realizzata con il cuore.

Non perdonare il partner significa attribuirgli una colpa indelebile
ed indistruttibile: simbolicamente è come portare quella colpa al di
sopra del mondo umano per trasformarla in una colpa eterna,
ultraterrena, quasi soprannaturale. Perdonare significa invece
offrirgli una possibile riparazione: anche quando l’offesa ricevuta è
profonda, concedere una riparazione metaforica significa accettare
l’umanità del gesto, la fragilità del partner riconoscendola come una
fragilità di tutto il genere umano, anche di chi riceve l’offesa.

Altri importanti ostacoli che si trovano sulla strada della decisione
interiore di perdonare sono l’orgoglio e la superbia. Perdonare viene
infatti erroneamente assimilato al ‘perdere la battaglia’, allo
‘svalutarsi’, all’umiliarsi, quando invece solo una tempra
straordinaria e un carattere autenticamente maturo ed adulto sono in
grado di perdonare. Solo un animo solido e fondato su valori umani ed
etici profondi è in grado di accogliere il dolore che consegue alla
decisione di perdono. Finché permangono residui di onnipotenza
infantile non è possibile accettare il limite umano del partner che è
lo specchio impietoso del limite umano dentro noi stessi. Ecco perché
il perdono è ancora una volta una decisione interiore realizzata con
il cuore: la presunzione di avere ragione, la supponenza di chi sa di
essere nel giusto, la pretesa di avere soddisfazione (o vendetta)
finiscono inevitabilmente con cristallizzare il dolore e inasprire le
lacerazioni.

Perdonare il partner ha invece una straordinaria importanza non solo
per il mantenimento e il miglioramento della relazione, ma ha anche un
effetto di formidabile potenza sull’evoluzione interiore
dell’individuo. Riuscire a vedere l’errore del partner con gli occhi
del cuore, significa riconoscere anche in se stessi la fragilità della
propria esistenza, significa accedere alla gratitudine per l’immenso
dono della vita, significa scorgere la grande opportunità di crescita
e di evoluzione che il partner – anche con i suoi limiti – ci offre
quotidianamente.
Perdonare l’Altro inoltre ci apre la strada ad un evento ancora più
importante ma strettamente collegato: il perdonare noi stessi.

Perdonarsi infatti è perlopiù considerato superfluo, inutile, talvolta
privo di senso: ‘di cosa dovrei perdonarmi?’ Eppure nel profondo di
ogni individuo risiedono silenti e apparentemente immobili, profondi
sensi di colpa: sia per colpe reali, per errori, per superficialità,
ma anche per colpe inesistenti, immaginarie, per colpe irreali ma
vissute e percepite come se fossero perfettamente reali. Insieme al
perdono per il partner è molto utile quindi affermare il proprio
perdono per motivi che vanno dalla ricerca della perfezione assoluta
(e quindi umanamente irraggiungibile), a tutte le pretese rabbiose, al
desiderio di potenza e di onnipotenza, ai tanti pensieri negativi e
collerici, all’allontanarsi dal proprio cammino evolutivo.

Il perdono nella coppia è quindi una meravigliosa occasione per fare
un importante salto di qualità, per passare ad un più elevato livello
esistenziale sia personale che all’interno della relazione.







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