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 L'uomo che si fermava alle apparenze

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 29/12/2006 : 12:23:29
L'uomo che si fermava alle apparenze

(Associazione Vidya Bharata)


Dopo molte vicissitudini, un "cercatore di verità" trovò finalmente un
illuminato che aveva il dono di percepire ciò che è inaccessibile alla
maggior parte degli uomini.

"Permettimi di seguirti", gli disse il cercatore, "affinché possa imparare
osservando ciò che hai acquisito".

"Non sarai in grado di sopportarlo", rispose il saggio, "perché non avrai la
pazienza di rimanere in contatto, diligentemente, con la trama degli eventi.
Anziché imparare, cercherai di agire in funzione delle apparenze".

Il cercatore promise che si sarebbe sforzato di esercitare la pazienza e di
imparare dagli eventi senza reagire secondo i propri pregiudizi. "Accetto",
disse allora il saggio, "ma a condizione che tu non faccia nessuna domanda
nei riguardi di qualsiasi evento, finché non sia io a darti una
spiegazione".

Il cercatore si affrettò a promettere e si misero in cammino.

Erano appena saliti sull'imbarcazione che li avrebbe portati sull'altra riva
di un ampio fiume che il saggio fece di nascosto un buco sul fondo della
barca. Creando in tal modo una falla, ripagò, almeno in apparenza, i servigi
del barcaiolo con un atto distruttivo.

Il cercatore non riuscì a trattenersi: "Ma potrebbero esserci degli
annegati; la barca affonderà e andrà perduta! È questo il modo di
comportarsi di un uomo buono?".

"Non ti avevo detto che saresti stato incapace di non saltare alle
conclusioni a tutti i costi?", disse il saggio, tranquillamente.

"Avevo già dimenticato la condizione", riconobbe il cercatore, chiedendo
perdono per la sua dimenticanza. Tuttavia, era molto sconcertato.

Proseguirono il loro viaggio e ben presto entrarono in un paese, dove furono
ben accolti e ricevuti dal re, che li invitò a una battuta di caccia. Il
giovane figlio del re stava cavalcando davanti al saggio. Non appena il
gruppetto rimase isolato dal resto dei partecipanti da una siepe, il saggio
disse al cercatore: "Svelto! Seguimi più presto che puoi!". Afferrò la
caviglia del giovane principe e gliela storse; poi, dopo averlo adagiato a
terra in mezzo al bosco lanciò il suo cavallo a briglie sciolte oltre i
confini del regno.

Il cercatore era sopraffatto dallo stupore e da un senso di colpa all'idea
di essere stato complice di un simile crimine. Torcendosi le mani, esclamò:
"Un re ci ha concesso la sua amicizia, ci ha affidato suo figlio, il
principe ereditario, e noi lo abbiamo trattato in modo abominevole! Che
comportamento è questo? È indegno del più vile degli uomini!".
Il saggio si rivolse al cercatore con queste parole: "Amico, io faccio ciò
che devo fare. Tu sei qui come osservatore, e questa situazione è già un
raro privilegio.
Sei giunto a questo stadio, ma non sembra che tu sia capace di trame
profitto perché giudichi tutto partendo da un rigido atteggiamento di
pregiudizio. Ancora una volta, ti ricordo la tua promessa".

"Riconosco che non sarei qui se non fosse per la mia promessa, e che sono
legato a essa. Ti prego quindi di volermi perdonare ancora una volta. Mi è
molto difficile abbandonare quest'abitudine di procedere in base a
supposizioni. Se ti pongo ancora una sola domanda, cacciami via". E
proseguirono il loro viaggio.

Giunti alle porte di una grande e prospera città, i viaggiatori chiesero un
po' di cibo, ma nessuno volle dar loro il benché minimo pezzo di pane. In
quel posto la carità era sconosciuta e i sacri doveri dell'ospitalità erano
stati dimenticati. Contro di loro furono addirittura aizzati dei cani
feroci.

Quando ebbero raggiunto la periferia della città, affamati, indeboliti e
assetati, il compagno del cercatore gli disse: "Fermiamoci un po' qui,
vicino a questo muro in rovina, perché dobbiamo ricostruirlo".

Lavorarono per ore, mescolando il fango, la paglia e l'acqua, finché il muro
non fu ricostruito.

Il cercatore era talmente esausto che dimenticò ogni ritegno: "Chi ci
pagherà per questo lavoro? Per due volte abbiamo ripagato il bene con il
male. Ora ripaghiamo il male con il bene. Sono sfinito e non sono in
condizione di proseguire!".

"Non temere", disse il saggio, "e ricordati che hai detto che se mi avessi
posto ancora una sola domanda, avrei dovuto congedarti. Le nostre strade si
dividono qui perché ho molto da fare.

Prima di lasciarti ti svelerò il senso di alcune mie azioni, affinché un
giorno tu possa, forse, intraprendere di nuovo un simile viaggio.

La barca che ho danneggiato è affondata. Ho evitato quindi che venisse
confiscata da un tiranno che requisiva tutte .le imbarcazioni in previsione
di una guerra che stava preparando. Il giovane al quale ho stolto la
caviglia ormai non potrà più usurpare il trono, quando sarà grande, e
neanche ereditarlo, perché la legge di quel paese prevede che solo chi è
privo di infermità può guidare la nazione. In questa città dell'odio vivono
due giovani orfani; quando saranno grandi, il muro crollerà di nuovo e
porterà alla luce il tesoro che vi è nascosto, e che costituisce il loro
patrimonio. Saranno abbastanza forti per impossessarsene e riformare
l'intera città, perché questo è il loro destino.

Ora va' in pace. Sei congedato".

* * *

Nel medioevo, i monaci che attingevano alle Gesta Romanorum e usavano questo
materiale per fini di edificazione morale, hanno raccontato ripetutamente
questa storia, presentandola come appartenente alla tradizione cristiana.

Si dice anche che sia all'origine dell'Eremita di Pamell. Secondo Pope, la
versione originale era in spagnolo, e sebbene ci fosse il sospetto che si
trattasse di un racconto orientale, per molto tempo nessuno in Occidente
sembra averlo collegato con la tradizione sufi o aver notato che appare
inizialmente nel Corano, nella sura 18: La caverna.

Questa versione è stata raccontata da Jan-Fishan Khan.






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