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Inserito il - 26/04/2010 : 10:00:02
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Reincarnazione e rinascita 1
di Sri Aurobindo (parte prima)
1. La rinascita ( Rebirth, Arya, Novembre 1915 ) 2. La reincarnazione dell’anima (The Reincarnating Soul, Arya, Dicembre 1915)
(traduzione di M. Furru e G. Elia)
(Altri capitoli sull’argomento sono stati pubblicati sulla rivista Arya alcuni anni più tardi, nel 1919 e nel 1920–21. I due articoli sono ora contenuti in The Supramental Manifestation and Other Writings, vol. XVI dell’Edizione del Centenario (pubblicata dal Sri Aurobindo Ashram di Pondicherry)
- La rinascita -
La teoria della rinascita è antica quasi quanto il pensiero stesso, e la sua origine è sconosciuta. Noi possiamo, a seconda delle nostre convinzioni pregresse, accettarla come frutto di una antica esperienza psicologica sempre rinnovabile e verificabile, e quindi vera, oppure non liquidarla come dogma filosofico e teoria ingegnosa, ma in entrambi i casi la dottrina, anche se è, con tutta evidenza, tanto antica quanto il pensiero umano stesso, è suscettibile di resistere fino a quando l’essere umano continuerà a pensare.
Anticamente la dottrina era conosciuta in Europa con il grottesco nome di trasmigrazione, che la associava nella mente occidentale con l’immagine comica dell’anima di Pitagora che migrava, come uno strano uccello di passo dalla umana forma divina nel corpo di un porcellino d’India o di un asino.
L’apprezzamento filosofico della teoria si espresse nell’ammirevole ma difficilmente padroneggiabile parola greca metempsicosis, che indica il reincarnarsi in un nuovo corpo da parte di una medesima individualità psichica.
La lingua greca riesce a coniugare sempre felicemente pensiero e parola, e non poteva trovare un’espressione migliore; ma nella forzata traduzione inglese la parola diventa semplicemente lunga e pedante e senza serbare niente del suo sottile significato in greco, per cui deve essere abbandonata. "Reincarnazione" è adesso il termine comunemente usato, ma la parola rende un’idea soltanto grossolana o esteriore del fatto, suscitando perciò molti interrogativi. Io preferisco rebir", poiché il termine rende il senso del termine sanscrito, ampio e oggettivo, e tuttavia adeguato, punarjanma, "nascere di nuovo", che ci trasmette soltanto l’idea fondamentale che è l’essenza e la vita della dottrina.
Rebirth (rinascita) è per la mente moderna niente più che una speculazione teorica; non è mai stata provata dalla scienza moderna in modo tale da soddisfare la nuova mente critica, educata alla cultura scientifica. E d’altro canto non se ne è mai dimostrata la falsità, poiché la scienza moderna non sa niente di una possibile vita anteriore o posteriore dell’anima umana; in realtà essa non sa niente dell’anima né nulla può saperne, poiché i suoi confini sono il corpo, il cervello, i nervi, l’embrione, la sua formazione e il suo sviluppo. Né la critica moderna dispone di alcun apparato tramite il quale la verità o la falsità della rinascita possa essere stabilita. In realtà la critica moderna, con tutte le sue pretese di investigazione scrupolosa e di certezze affidabili, non è una buona cercatrice della verità.
Al di fuori della sfera di ciò che è immediatamente fisico essa è praticamente impotente: riesce a scoprire bene i dati, ma solo laddove i dati stessi abbiano già in se stessi la loro conclusione; non può in nessun modo essere sicura delle generalizzazioni che, a partire da questi dati, afferma con grande certezza nel corso di una generazione, per poi rinnegarle in quella successiva. Non può in alcun modo provare con certezza la verità o la falsità di un’asserzione storica incerta, e dopo un secolo di dispute non è stata neppure capace di dirci se Gesù Cristo sia o no esistito.
Come potrebbe quindi trattare un problema come la rinascita che appartiene alla psicologia e deve essere trattato secondo l’evidenza psicologica piuttosto che quella fisica ? Le prove che di solito vengono portate dai sostenitori e dagli oppositori sono spesso deboli o insignificanti; anche quelle più plausibili sono insufficienti a provare o confutare qualunque cosa. Un argomento spesso sostenuto in modo vincente nella confutazione è che noi non ricordiamo le nostre vite passate e quindi non ci sono vite passate.
Fa sorridere un tale ragionamento fatto molto seriamente da chi pensa di essere qualcosa di più di un bambino intellettuale. L’argomentazione procede su base psicologica e tuttavia ignora la vera natura della nostra memoria ordinaria o fisica, che è tutto ciò che l’uomo ordinario può adoperare. Quanto ricordiamo delle nostre vite presenti, quelle che stiamo senza dubbio vivendo al momento ?
La nostra memoria è di norma buona riguardo agli avvenimenti a noi vicini, ma diventa più vaga o meno precisa quando comincia ad allontanarsi dall’attualità; se si va ancora più indietro si ricordano soltanto alcuni punti salienti, infine – per quanto riguarda l’origine delle nostre vite – si cade in un vuoto assoluto. Ricordiamo forse anche semplicemente di esser stati dei bambini sul petto di nostra madre ? E tuttavia quel momento dell’infanzia era – non soltanto nelle teorie buddiste – parte della nostra vita e appartiene allo stesso individuo che non riesce a ricordarlo allo stesso modo in cui non ricorda le vite passate.
Tuttavia noi pretendiamo che questa memoria fisica – la memoria del rozzo cervello di un uomo che non riesce a ricordare la sua infanzia e ha perduto così tanto dei suoi primi anni – ricordi ciò che c’era prima dell’infanzia, prima della nascita, prima che essa stessa si formasse.
E se non ci riesce dobbiamo dire: "la teoria della reincarnazione si dimostra falsa". La pretenziosa insipienza del nostro comune ragionamento umano non potrebbe mostrarsi meglio che in questo genere di argomentazioni. Ovviamente le nostre vite passate, sia come fatto che come stato o nei loro eventi ed immagini, possono essere ricordati soltanto da una memoria psichica il cui risveglio va oltre i limiti del fisico e risveglia impressioni ben diverse da quelle registrate dai movimenti cerebrali fisici sull’essere fisico.
Anche se avessimo la prova della memoria fisica delle vite passate o di un tale risveglio psichico, dubito comunque che la suddetta teoria verrebbe considerata dimostrata. Oggi noi abbiamo molti di questi esempi sostenuti con sicurezza, sebbene senza quell’apparato di evidenza verificata e scrupolosamente presa in esame che dà peso ai risultati della ricerca scientifica; lo scettico li considererà sempre come mera finzione ed immaginazione, a meno che non siano confermati da una solida base di evidenza.
Persino se i fatti sostenuti fossero dimostrati veri, c’è la possibilità di affermare che non si tratta davvero di ricordi ma di fatti noti alla persona che li sostiene tramite semplici mezzi fisici o che gli sono stati suggeriti da altri e vengono contrabbandati per memorie di reincarnazione o ingannando consapevolmente gli altri o per via di un auto–inganno e auto–allucinazione.
Anche supponendo che l’evidenza fosse troppo forte e non suscettibile di obiezioni, così da non poter essere sospettata degli inganni suddetti, si potrebbe non accettarla come prova di reincarnazione, e la mente potrebbe escogitare un centinaio di spiegazioni teoriche per questi fatti.
Il pensiero e la ricerca moderna hanno introdotto questo dubbio riguardante tutte le teorie e le generalizzazioni psichiche.
Sappiamo ad esempio che riguardo al fenomeno della scrittura automatica o della comunicazione da parte dei morti si discute se il fenomeno provenga dall’esterno, da menti disincarnate o dall’interno, dalla coscienza subliminale; o se la comunicazione sia reale e provenga direttamente dalla personalità disincarnata, o sia il risalire in superficie di una impressione telepatica che proveniva dalla mente della persona allora in vita, ma rimasta nel profondo della nostra mente subliminale.
Lo stesso genere di dubbio può essere opposto alle prove della memoria di reincarnazione. Si potrebbe sostenere che esse dimostrano il potere di una certa misteriosa facoltà in noi, una coscienza che può avere una conoscenza inesplicabile di eventi passati, ma che questi eventi potrebbero appartenere a personalità diverse dalla nostra e che l’attribuzione che ne facciamo alla nostra personalità in vite passate è una immaginazione, un’allucinazione o un esempio di quell’auto–appropriazione di cose ed esperienze percepite ma non nostre, che è uno dei fenomeni comprovati di errore mentale.
Molto potrebbe essere dimostrato dall’abbondanza di tali prove, ma non per lo scettico e tanto meno a rinascita. Certamente, se esse fossero sufficientemente ampie, esatte, dettagliate, precise, creerebbero un’atmosfera che alla fine condurrebbe ad una generale accettazione della teoria da parte della specie umana come certezza morale.
Ma la prova è una cosa diversa.
Dopotutto la maggior parte delle cose che accettiamo come verità sono in fondo niente più che certezze morali. Noi abbiamo la ferma convinzione che la terra ruoti sul suo asse, ma – come è stato sottolineato da un grande matematico francese – la cosa non è mai stata provata, è soltanto una teoria che spiega certi fenomeni osservabili, niente di più. Chissà che essa non possa essere sostituita a breve da una teoria migliore o peggiore ? Tutti i fenomeni astronomici conosciuti venivano spiegati bene tramite le teorie delle sfere e non so cos’altro, prima che Galileo venisse fuori con il suo "Eppur si muove…" disturbando l’infallibilità del papa e della Bibbia, la scienza e la logica dei dotti. Si può certamente pensare che altre ammirevoli teorie potrebbero essere inventate per spiegare la gravitazione se la nostra mente non fosse già pregiudizialmente convinta dalle precedenti teorie di Newton
E' questo l’atavico limite della nostra ragione, poiché essa parte dall’ignoranza, dal non sapere, e ha a che fare con infinite possibilità: le spiegazioni possibili di ogni fenomeno – finché non sappiamo permanete cosa sta dietro di esso – sono infinite. In definitiva noi conosciamo veramente soltanto ciò che osserviamo e anche questo è soggetto ad un dubbio angosciante, per esempio se il verde sia davvero verde e il bianco davvero bianco, per quanto sembri che il colore non sia colore, ma qualcos’altro che crea la sua apparenza.
Oltre il fatto osservabile dobbiamo contentarci di una logica ragionevolmente soddisfacente, probabilità dominante e certezza morale. Almeno finché non abbiamo il buon senso di osservare che ci sono in noi facoltà più alte della ragione dipendente dai sensi e che aspettano uno sviluppo per mezzo del quale possiamo arrivare a certezze più grandi.
Per quanto riguarda la teoria della rinascita, non possiamo realisticamente sostenere in contrapposizione allo scettico una tale probabilità dominante o una tale certezza. L’evidenza esterna disponibile è rudimentale. Pitagora fu uno dei più grandi saggi, ma il suo asserire di aver combattuto a Troia col nome di Antenoride e di essere stato ucciso dal figlio più giovane di Atreo è soltanto un’asserzione e il suo riconoscere lo scudo troiano non convincerà nessuno che non sia già realmente convinto; le prove odierne non sono in alcun modo convincenti di quella di Pitagora. In assenza di una prova esteriore, che è la sola definitiva per i nostri intelletti sensitivi governati dalla materia, abbiamo l’argomentazione dei reincarnazionisti, i quali sostengono che la loro teoria spiega tutto meglio di qualunque altra. La pretesa è giusta, ma non dà alcuna certezza.
La teoria della rinascita, associata con quella del karma ci dà una semplice, simmetrica, bella spiegazione delle cose; ma anche la teoria delle sfere ci dava una semplice, simmetrica, bella spiegazione dei movimenti celesti. Tuttavia abbiamo adesso un’altra spiegazione, molto più complessa, molto più gotica e incerta nella sua simmetria, un ordine inesplicabile che si evolve da infiniti caotici, che noi accettiamo come la verità delle cose . E tuttavia, se vogliamo soltanto pensare, ci renderemo conto forse che anche questa non è l’intera verità, c’è dietro molto di più che non abbiamo ancora scoperto. E quindi la semplicità, la simmetria, la bellezza, l’adeguatezza della teoria della reincarnazione non è garanzia della sua certezza.
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