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Inserito il - 21/01/2007 : 13:13:58  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
NON E' REATO 'SCARICARE' DA INTERNET SENZA LUCRO

Ansa 2007-01-20 16:58

ROMA - Scaricare da internet film, musica o programmi tutelati dal diritto d'autore non è reato se questo non implica alcun guadagno economico. Lo spiega la Terza sezione penale della Corte di Cassazione che ha annullato la condanna a tre mesi e 10 giorni di reclusione inflitta dalla Corte d'Appello di Torino a due giovani che avevano scaricato e condiviso in rete tramite un computer di una associazione studentesca del Politecnico di Torino file musicali, film e software protetti da copyright. I due ragazzi condannati dalla corte torinese avevano sviluppato una cosiddetta "rete p2p" (peer to peer) per scambiare file con altre persone collegate a internet. Il sistema era semplice: bastava collegarsi via Ftp (File transfer protocol) ad un server istallato nel computer di un'associazione studentesca del Politecnico di Torino. Per poter ottenere le chiavi d'accesso occorreva condividere la propria 'scorta' di musica, film, videogiochi o software.

Tutto spesso protetto dalla legge sul diritto d'autore. Una filosofia di scambio "do ut des", diffusissima su internet, che permetteva a tutti di scaricare file gratis dalla rete. Secondo i giudici piemontesi i due giovani autori di questo sistema di scambio file 'au pair' erano colpevoli di aver violato agli articoli 171 bis e 171 ter della legge sul diritto d'autore (n. 633/41) che punisce chi, "a scopo di lucro", diffonde o duplica file e contenuti multimediali protetti da copyright. Ma l'attività dei due imputati - spiega la Suprema Corte nella sentenza n.149 depositata lo scorso 9 gennaio - non aveva alcun "fine di lucro", e quindi non si configurava l'effettiva violazione della legge. "I giudici di merito - si legge nelle motivazioni della sentenza - hanno erroneamente attribuito all'imputato una attività di duplicazione dei programmi e di opere dell'ingegno protette dal diritto d'autore, poiché la duplicazione in effetti avveniva ad opera dei soggetti che si collegavano con il sito Ftp e da esso, in piena autonomia, prelevavano i file e nello stesso ne scaricavano altri.

Doveva essere esclusa l'esistenza del fine di lucro da parte degli imputati in potendosi ravvisare una mera attività di scambio". Non solo, anche in relazione al sequestro, in casa di uno degli imputati, di un software per generare codici seriali per registrare illegalmente software protetti da copyright, "doveva escludersi ogni fine commerciale". Per questo motivo i giudici di Piazza Cavour, rilevando che "le operazioni di 'download' sul server Ftp di materiale informatico non coincide con le ipotesi criminose fatte dai giudici torinesi", e che per "scopo di lucro" deve intendersi "un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell'autore del fatto, e che non può identificarsi con un vantaggio di altro genere", ha annullato senza rinvio la condanna per i due ragazzi che sono stati prosciolti definitivamente.

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Scaricare da Internet file protetti non è reato se non ci si guadagna

http://www.ilsole24ore.com/

20 gennaio 2007

Questa volta è un punto, e che punto a favore degli smanettoni che fanno notte davanti al computer per scaricare videogiochi, programmi, film e musica. "Downloadare" dalla rete file e programmi protetti dalle norme sul diritto d'autore e metterli a disposizione di altri utenti non è reato se da questo tipo di attività non si ricava alcun concreto vantaggio di tipo economico. È una sentenza destinata a far discutere quella (numero 149/2007) con cui la III sezione penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da due studenti torinesi, condannati in appello ad una pena detentiva, sostituita da un'ammenda, per avere «duplicato abusivamente e distribuito» programmi illecitamente duplicati, giochi per psx, video cd e film, «immagazzinandoli» su un server del tipo Ftp (File transfer protocol) «dal quale potevano essere scaricati da utenti abilitati all'accesso tramite un codice identificativo e relativa password».

Ad uno dei due la sentenza della Corte d'appello del capoluogo piemontese datata 29 marzo 2005 (ora annullata «senza rinvio» dalla Suprema Corte) imputava anche il possesso, presso la propria abitazione, di software destinato «a consentire o facilitare la rimozione dei dispositivi di protezione» applicati a programmi per pc. Utile, quindi, a "craccare" software per usare senza comprare. Di fatto, i due studenti, avvalendosi di un computer in funzione presso l'associazione studentesca del Politecnico di Torino, avevano creato, gestito e curato la manutenzione di un archivio on line di dati e programmi, raggiungibile da un normale indirizzo ip, dal quale una «community» di utenti era libera di attingere in cambio, a sua volta, del rilascio di materiale informatico.

I reati contestati ai due ricorrenti erano quelli previsti dagli articoli 171 bis e 171 ter della legge sul diritto d'autore, la numero 633/41, sottoposta a tutta una serie di modifiche in anni recenti: nell'ultima formulazione, il primo prevede «la punibilità da sei mesi a tre anni, di chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Siae»; il secondo punisce con la reclusione da uno a quattro anni chi «riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi». Ebbene, per la Cassazione in primo luogo è da escludere per i due studenti la configurabilità del reato di duplicazione abusiva, attribuibile non a chi in origine aveva effettuato il download, ma a chi semmai si era salvato il programma dal server per poi farne delle copie. Ma soprattutto «deve essere escluso, nel caso in esame, che la condotta degli autori della violazione sia stata determinata da fini di lucro, emergendo dall'accertamento di merito che gli imputati non avevano tratto alcun vantaggio economico dalla predisposizione del server Ftp».

Per «fine di lucro», infatti, «deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell'autore del fatto, che non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di genere; né l'incremento patrimoniale può identificarsi con il mero risparmio di spesa derivante dall'uso di copie non autorizzate di programmi o altre opere dell'ingegno, al di fuori dello svolgimento di un'attività economica da parte dell'autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l'abuso». Anche con riferimento alla detenzione di un programma destinato a rimuovere o ad aggirare dispositivi di protezione «non emerge - avvertono i giudici - dall'accertamento di merito la finalità lucrativa cui sarebbe stata destinata la detenzione e, tanto meno, un eventuale fine di commercio della stessa». E adesso alle lobby anti-pirateria la contromossa. C'è da scommettere che questa sentenza farà la felicità dei migliori studi legali.

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http://www.repubblica.it

(20 gennaio 2007)

La sentenza dopo il ricorso di due studenti torinesi: non è reato "risparmiare" sui film
scagionati nonostante avessero un programma per eliminare i dispositivi di protezione
Cassazione: lecito scaricare file protetti
basta non usarli a scopo di lucro
Ma la sentenza si riferisce a un caso precedente alla legge del 2004 sul diritto d'autore

ROMA - Anche se c'è il copyright, si può scaricare lo stesso. Purché non si faccia a fini di lucro. Lo ha stabilito la III sezione penale Cassazione con una sentenza destinata a far discutere (è la numero 149/2007) con cui ha accolto il ricorso presentato da due studenti torinesi, condannati in appello ad una pena detentiva, sostituita da un'ammenda, per avere "duplicato abusivamente e distribuito" programmi illecitamente duplicati, giochi per psx, video cd e film, "immagazzinandoli" su un server del tipo Ftp (File transfer protocol) "dal quale potevano essere scaricati da utenti abilitati all'accesso tramite un codice identificativo e relativa password".
Una sentenza che fa discutere, anche se si riferisce a un caso precedente alla legge del 2004 sul diritto d'autore. La cosiddetta legge Urbani rende invece lo scaricamento di file protetti da copyright un diritto amministrativo e la loro condivisione un reato penale.

Ad uno dei due la sentenza della Corte d'appello del capoluogo piemontese datata 29 marzo 2005 (ora annullata "senza rinvio" dalla Suprema Corte) imputava anche il possesso, presso la propria abitazione, di software destinato "a consentire o facilitare la rimozione dei dispositivi di protezione "facilitare la rimozione dei dispositivi di protezione applicati a programmi per pc. Di fatto, i due studenti, avvalendosi di un computer in funzione presso l'associazione studentesca del Politecnico di Torino, avevano creato, gestito e curato la manutenzione di un archivio on line di dati e programmi, raggiungibile da un normale indirizzo ip, dal quale una "community" di utenti era libera di attingere in cambio, a sua volta, del rilascio di materiale informatico.

I reati contestati ai due ricorrenti erano quelli previsti dagli articoli 171 bis e 171 ter della legge sul diritto d'autore, la numero 633/41, sottoposta a tutta una serie di modifiche in anni recenti: nell'ultima formulazione, il primo prevede "la punibilità da sei mesi a tre anni, di chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Siae"; il secondo punisce con la reclusione da uno a quattro anni chi "riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi".

Ebbene, per la Cassazione in primo luogo è da escludere per i due studenti la configurabilità del reato di duplicazione abusiva, attribuibile non a chi in origine aveva effettuato il download, ma a chi semmai si era salvato il programma dal server per poi farne delle copie. Ma soprattutto "deve essere escluso, nel caso in esame, che la condotta degli autori della violazione sia stata determinata da fini di lucro, emergendo dall'accertamento di merito che gli imputati non avevano tratto alcun vantaggio economico dalla predisposizione del server Ftp".

Per "fine di lucro", infatti, "deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell'autore del fatto, che non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di genere; nè l'incremento patrimoniale può identificarsi con il mero risparmio di spesa derivante dall'uso di copie non autorizzate di programmi o altre opere dell'ingegno, al di fuori dello svolgimento di un'attività economica da parte dell'autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l'abuso".

Anche con riferimento alla detenzione di un programma destinato a rimuovere o ad aggirare dispositivi di protezione "non emerge - avvertono i giudici - dall'accertamento di merito la finalità lucrativa cui sarebbe stata destinata la detenzione e, tanto meno, un eventuale fine di commercio della stessa".

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Inserito il - 23/01/2007 : 22:38:23  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Scaricare file protetti è sempre illegale

http://www.pcself.com/primopiano/flash/news_item.asp?NewsID=1415

22/1/2007

La notizia è stata ripresa nei giorni scorsi, con un certo scalpore, da tutti gli organi di stampa, radio e televisione compresi: "Non è reato scaricare da Internet film, musica, videogiochi e altro purchè non esista lucro. L'operazione non può essere sottoposta a giudizio penale, neanche se l'opera prelevata dal web è tutelata da diritto di autore. E' quanto stabilisce una sentenza (9 gennaio 2007, n. 149) della III sezione penale della Corte di Cassazione che ha annullato la condanna a tre mesi e 10 giorni di reclusione inflitta dalla Corte d'Appello di Torino a due studenti universitari torinesi condannati per aver 'duplicato abusivamente e distribuito opere cinematografiche', giochi per psx, video cd e film, 'immagazzinandoli' su un server del tipo FTP (File transfer protocol) 'dal quale potevano essere scaricati da utenti abilitati all'accesso tramite un codice identificativo e relativa password'."

I due studenti, utilizzando un computer localizzato presso l'associazione studentesca del Politecnico di Torino, avevano realizzato e gestivano un archivio on-line, raggiungibile da un normale indirizzo ip, dal quale era possibile scaricare, scambiando altro materiale informatico, software, musica, film o videogiochi.

I due avevano impugnato la sentenza di condanna e la Suprema Corte ha dato loro ragione.

Ovviamente sono piovute le critiche che lasciano ampio spazio a tutta una serie di interogativi. Va subito chiarito che i fatti oggetto della sentenza risalgono al 1999, e che la Corte di Cassazione ha attuato una normativa riferita a quell'epoca. Enzo Mazza, Presidente della Federazione Industria Musicale Italiana (Fimi):"la sentenza della III Sezione della Cassazione che e' stata ripresa dagli organi di stampa con il titolo 'Scaricare non e' reato' si riferisce in realta' a un caso antecedente l'attuale normativa, in vigore dal 2004, che invece stabilisce la punibilita' penale per lo scambio di file illegali e che punisce con una sanzione amministrativa di 154 Euro chi invece si limita a scaricare una canzone abusivamente. Non si tratta, pertanto, di una decisione che modifica l'attuale legislazione in vigore".

Dal 2000 ad oggi la legge sul diritto d'autore (633/41) è stata sottoposta a tutta una serie di modifiche. Va quindi posto bene in evidenza che scaricare senza autorizzazione file protetti da diritto d'autore non è legale, era e rimane un illecito.
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Inserito il - 24/01/2007 : 13:08:36  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Il download è legale o no?

di Paolo Papi
24/1/2007

http://www.panorama.it/internet/meglioweb/articolo/ix1-A020001039798

La sentenza della Cassazione, che ha assolto due studenti di Torino dall'accusa di violazione della legge sul diritto d'autore, ha ingenerato entusiasmi tra i fautori del P2P e allarmismi tra gli avvocati delle major. Il punto giurisprudenziale sul dibattito sul file-sharing


Hanno esultato con troppo anticipo gli aficionados del P2P illegale.
Indotti all'errore dai titoli grossolani di alcuni quotidiani italiani, decine di migliaia di downloader abusivi italiani hanno ritenuto che la sentenza della Corte di cassazione (n. 149/07) sul caso di due studenti del Politecnico di Torino accusati di violazione della legge sul copyright desse di fatto il via libera alla totale depenalizzazione dell'interscambio online di mp3, film, software crackati, protetti da copyright. Le cose stanno davvero così?

DOWNLOAD E UPLOAD
C'è da dubitarne. E' questa, per lo meno, la tesi di gran parte degli avvocati che Panorama.it ha consultato. Non solo avvocati che tutelano interessi delle major, sia chiaro: la sentenza della Cassazione, secondo la dottrina prevalente, interviene a fare chiarezza – dal punto di vista penale - su un'ipotesi di reato avvenuto prima dell'entrata in vigore della cd Legge Urbani, che ha modificato in senso restrittivo (per i downloader) la normativa n. 633/41 sul diritto d'autore. E quindi non può costituire un precedente. Vale, in sostanza, per il passato. Se i due ragazzi del Politecnico di Torino avessero commesso il reato dopo il 2000, è la tesi di molti avvocati, i titoli dei giornali sarebbe probabilmente stati diversi. E, più che le major, si sarebbero strappati i capelli i downloader illegali.

La sintesi più efficace la trova Puntoinormatico.it, quotidiano di Internet italiano fondato nel 1996: «L'attività dei due universitari, che nel 1999 avevano messo a disposizione su un server FTP alcune opere protette da copyright, oggi si configurerebbe come un reato». Insomma: scaricare e, a maggior ragione condividere, file protetti da copyright è, secondo i più, dopo l'introduzione della Legge Urbani, attività illecita, penalmente rilevante nel caso dell'upoload, attraverso programmi online quali Xtorrent o EMule. Punita con sanzioni anche piuttosto pesanti.

Contrariamente a quanto era possibile capire da una lettura superficiale dei quotidiani, l'assoluzione dei due studenti del Politecnico di Torino che, su un server FTP, avevano messo a disposizione file illegali, non ha dunque alcunché di rivoluzionario.
Non cambia la normativa e non costituisce, secondo la dottrina prevalente, un precedente che «sdogana» la pratica del P2P illegale. Dichiara a Panorama.it, senza tanti preamboli, l'avvocato Claudio Leonelli, uno dei massimi esperti italiani sull'argomento: «Si è fatto un gran can can mediatico. La Corte non ha affatto fornito un'interpretazione innovativa della normativa. Si è limitata a specificare quando vi sia scopo di lucro e quando vi sia sia invece scopo di profitto». Una distinzione in punto di diritto che, secondo gran parte degli esperti, la riforma Urbani ha fatto cadere, introducendo, con grande scandalo dei partigiani del P2P, il principio che scaricare e condividere file non certificati dalla SIAE è comunque attività penalmente rilevante. Anche quando non vi sia palese scopo di lucro (per farne commercio). Basta che vi sia l'intenzione di «trarne profitto». Una dicitura giuridica più vasta del semplice «scopo di lucro» che, secondo l'interpretazione sostenuta dalle major, significa sostanzialmente una cosa: downloadare e uploadare file illegali – anche a uso esclusivamente personale – configura un profitto individuale, il risparmio sul prezzo di acquisto del prodotto. Ed è quindi punibile ai sensi degli articoli 171 bis e ter della legge sul copyright modificata con decreto Urbani. Leggi severissime che prevedono anche il carcere.


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