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 Auguri di buon nuovo anno tibetano
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24628 Messaggi

Inserito il - 22/02/2012 : 11:20:39  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Auguri di buon nuovo anno tibetano

da Istituto Lama Tzong Khapa

Cari amici,

domani, 22 febbraio, comincia il nuovo anno tibetano: l’anno del drago d’acqua.
Si dice che sarà un anno di grandi cambiamenti e, nella sua essenza, sarà un periodo fortunato!

Lo staff dell’Istituto è felice di fare a voi tutti i migliori auguri di ogni realizzazione, pace, saggezza e benessere.

In questa occasione, desideriamo regalarvi un estratto degli insegnamenti d’apertura del Basic Program, con il venerabile Kyabge Dagri Rinpoce. Sperando di farvi cosa gradita, vi introdurremo alla magica atmosfera che solo i grandi Maestri sanno creare.
Ci scusiamo per gli eventuali errori dal momento che si tratta di una trascrizione immediata e non revisionata.
Vi ricordiamo che tutto ciò è possibile anche grazie al vostro interesse e al vostro sostegno, senza i quali noi non avremmo ragione di essere.

La campagna di tesseramento e donazioni, ci ha portato al risultato di 26.000 € circa, siamo un po’ più vicino al traguardo fissato di 100.000 €.
Vi siamo grati per lo sforzo che state facendo per sostenerci in tempi così duri per tutti! e vi invitiamo a non mollarci ma a continuare ad aiutarci con un contributo al conto:

IBAN IT22G0616025100000000570C00

Intestato a Istituto Lama Tzong Khapa presso Cassa di Risparmio di Firenze, filiale di Rosignano Solvay (Li)
Vi preghiamo di specificare nella causale il motivo del versamento e i vostri contatti così che potremo mantenerci in contatto con voi.

Ringraziamo anche chi sostiene il Progetto Istituto tramite gli acquisti al negozio on line (www.iltkshop.it) e vi ricordiamo di conservare le fatture per usufruire degli sconti promessi in alcune tipologie di tessere. Per questo mese approfittate delle numerose tangka di ottima fattura e broccato di qualità, in sconto eccezionale.

---

Giorno 23 febbraio 2012, inizia il Basic Program con gli insegnamenti del LamRim medio di Lama Tzong Khapa dai da Kyabge Dagri Rinpoce. Traduce in italiano Fabrizio Pallotti

Siamo tutti ammassati in Gompa, la sala è strapiena! C’è una certa eccitazione nell’aria, tutti parlottano con aria felice, sui piccoli banchi di legno tanti quaderni nuovi che aspettano di essere riempiti. Gli italiani provano le loro radioline con una certa apprensione ….. funziona tutto!
Qualcuno spia il cortile dalla finestra, l’attesa sembra non avere fine, controllo l’orologio: perfetto orario, ormai ci siamo.
Qualcuno sta salendo le scale: si crea un silenzio irreale, le schiene si incurvano in segno di rispetto, l’aroma dell’incenso precede l’entrata del maestro!

Il tempo sembra fermarsi, non “vola una mosca”, tutti guardiamo chini il lama che si prostra al Buddha, mettiamo a punto la nostra motivazione, cerchiamo di cogliere ogni minimo segno di straordinarietà.
Dagri Rinpoce guida le preghiere con una profonda calma, una cantilena antica. Ascoltiamo la lingua tibetana che ci ricorda il grande traduttore Atisha, questo ci basta per affermare dentro di noi l’autenticità e la validità del testo che stiamo per scoprire.
C’è un silenzio carico di aspettative: troveremo la tanto inseguita felicità? Sarà la volta che realizzeremo il sentiero o almeno ci avvicineremo molto?
“Trascidelek”: con un sorriso luminoso l’insegnamento ha inizio e ancora una volta la ruota del dharma gira a beneficio di tutti gli esseri, immutabile da 2500 anni, pura ed integra. E noi siamo i fortunati che beneficiano di ciò grazie all’incommensurabile gentilezza e conoscenza del Maestro seduto sul trono facente le veci del Buddha.

Estratto della prima lezione conferita la mattina del 23 febbraio, durata due ore circa.

“Cercherò di insegnare questo testo con la migliore delle motivazioni, sperando che ne traiate beneficio!
In questo mondo vi sono stati tantissimi maestri spirituali. Ognuno ha iniziato la propria tradizione religiosa e/o filosofica. Tra questi Buddha Sakyamuni ha insegnato la realtà in accordo alle predisposizioni dei discepoli con lo scopo unico di condurli alla liberazione e all'onniscienza.
Quando parliamo di liberazione, cosa si intende? Stiamo parlando dei legami delle oscurazioni distruttive. Il sentiero per liberarsi da questi legami è la realizzazione della saggezza che elimina l'afferrarsi al sé e questo tipo di saggezza è stato insegnato esclusivamente dal Baghavan.
Vorrei spiegare come realizzare il desiderio di ottenere la liberazione.

Il primo passo è identificare che cos'è la liberazione.
Ciò che ci lega e da cui è sano volersi liberare, sono le afflizioni e le oscurazioni distruttive.
Queste ci proiettano continuamente in tre livelli di esistenza nei reami: desiderio, forma e non forma. In questi luoghi dimorano tutti gli esseri ordinari, che sono di sei tipi. Vi sono quattro tipologie di rinascita: miracolosa, dal calore e umidità, dal ventre e dall'uovo.
Siamo legati all’esistenza ciclica sotto l’influenza del karma e delle afflizioni.
La liberazione è l'essere liberi da questi legami ed è una realtà ottenibile!
Con questa comprensione, intravedendo la possibilità della fine del samsara, si genera il desiderio di essere liberi. Questo è quanto va generato per primo.

Per esempio nel momento in cui abbiamo tanta sete, ciò che elimina la sete è il bere. Allo stesso modo dobbiamo prima comprendere i vari tipi di sofferenza che ci legano all'esistenza e poi generare il desiderio di liberarcene, proprio come generiamo il desiderio di bere quando abbiamo sete.
Questo tipo di esistenza è della natura della sofferenza, non ha un'esistenza propria, non vi è nessuna forma di vera felicità.

Quando parliamo della nostra vita, identifichiamo il dolore come una sofferenza da cui vogliamo liberarci. La sofferenza del dolore si riferisce al dolore fisico e mentale, come le malattie, la morte, incontrare ciò da cui vorremmo essere separati e separarci da coloro che amiamo. Facciamo di tutto per non ammalarci e avere una vita lunga con condizioni favorevoli. Intraprendiamo molte attività, come lo studio, per allontanare le esperienze di dolore e ottenere quelle di felicità. Tutto quello che facciamo è per ridurre le sensazioni di dolore.
Desideriamo la felicità e non vogliamo la sofferenza: entrambe sorgono da cause. Dobbiamo praticare un metodo preciso che ci permetta di eliminare le cause di sofferenza e ottenere quelle per la felicità.
Per spiegare questa realtà il Baghavan, per prima cosa, ha insegnato le quattro nobili verità che si basano sull'esperienza della realtà.

Dalle 400 stanze di Aryadeva: "Senza comprendere la profondità delle sofferenze che sperimentiamo nell'esistenza non sorge il desiderio genuino della liberazione. Per cui la prima nobile verità ci indica quali sono le sofferenze e poi la seconda ci indica quali ne sono le cause"
E' impossibile guidare il discepolo alla liberazione se non ha prima generato il desiderio di liberarsi.
La comprensione della prima nobile verità, la sofferenza, porta a chiedersi da che cosa sorgono le sofferenze, quali ne sono le cause. "Essendo giunti alla comprensione che senza eliminare la causa non si può eliminare la sofferenza ci si impegna nel riconoscere le cause"

Le cause sono le azioni afflitte e le oscurazioni distruttive che sorgono dall'ignoranza che si afferra a un sé. Comprendendo che è possibile eliminarla, ci si impegna per applicare gli antidoti.
Bisogna investigare se è possibile opporsi alla concezione erronea della realtà. Tutti i fenomeni hanno un loro opposto che li contrasta: il freddo ha il caldo che lo combatte. Come i fenomeni esterni hanno i loro opposti anche i vari tipi di mente hanno degli altri tipi di mente che ne sono l'opposto e li contrastano. Qui si parla di un modo di concepire i fenomeni. La concezione della permanenza ha come opposto la concezione dell'impermanenza. Allo stesso modo la mente che si afferra a un sé ha come opposto la mente che comprende come questo sé non esiste.
La terza delle nobili verità parla della cessazione. Significa che finché ci sono le cause si continua a esistere nel samsara. Se invece realizziamo la saggezza che riconosce la mancanza del sé ci si libera dall'ignoranza e in quel modo cessa l'esistere nel samsara.

Quando parliamo di cessazione, ci riferiamo a una felicità irreversibile in cui tutti i tipi di sofferenza e tutte le loro cause sono eliminate. Dobbiamo generare il desiderio di realizzarla.
L'ultima delle quattro nobili verità è il sentiero. Dal momento che abbiamo analizzato che la cessazione è ottenibile, si cerca qual è il sentiero che ci porta a quel risultato.
Le quattro nobili verità vengono insegnate molte volte sia nel mahayana che nell'hinayana perché in esse sono condensati tutti i punti che conducono alla liberazione.
Le quattro nobili verità sono il fondamento sia per il veicolo della liberazione individuale che di quello della responsabilità universale perché qui sono contemplati tutti i punti che conducono a dimorare nel samsara e quelli che conducono alla liberazione. Pertanto sono indispensabili per tutti i tipi di discepolo.

Se non si genera una comprensione corretta di quello che è la realtà della sofferenza del samsara, il desiderio genuino di ottenere la mente di emersione definitiva non può sorgere. Senza questa sincera aspirazione per la liberazione, ogni azione sarebbe la causa per ulteriori esperienze di samsara.
L'origine di tutte le sofferenze sono le azioni contaminate e le afflizioni distruttive la principale della quale è l'ignoranza che si afferra al sé. Se non comprendiamo questo punto importante con un'analisi corretta sarebbe come scagliare una freccia bendati, non avremo successo qualsiasi cosa faremo. Si lascerebbe intatta la causa del samsara, l'afferrarsi al sé, e i nostri sforzi per quanto intensi non porteranno ad alcun risultato. "Si prenderà per sentiero ciò che non è un sentiero e gli sforzi non avranno successo. Se non si comprendono le sofferenze non ci si impegnerà neppure in un sentiero..."

Senza identificare ciò che va abbandonato non si può ottenere la liberazione. Questo va compreso con una cognizione valida della realtà: prima si identificano le sofferenze e poi le cause. Di solito identifichiamo come sofferenza solo le esperienze di dolore. Mentre dobbiamo vedere come sofferenza anche ciò che di solito ci appare come felicità, questa è la sofferenza del cambiamento. Ancora più importante è identificare la sofferenza composta e pervasiva che è ciò a cui il Baghavan si riferiva quando diceva “conosci la sofferenza”: si riferisce alla natura di sofferenza che pervade tutti i reami del samsara in tutti i diversi tipi di esistenza; è composta perché è l’insieme di karma e afflizioni che raccolgono le cause per il sorgere degli aggregati contaminati che sono la base del samsara.

Ciò che gli esseri identificano in genere come felicità e sofferenza è una comprensione molto superficiale, dobbiamo analizzare e comprendere in modo valido. Nel momento in cui agiamo sulla base di una comprensione valida della realtà anche le nostre azioni saranno valide e avranno solidi risultati. Se generiamo amore e compassione sulla base di ragioni valide che li sostengano basate sulla comprensione della realtà, questi saranno efficaci. Per questo dobbiamo impegnarci in una comprensione valida e intelligente.
Le afflizioni non hanno un sostegno valido nella realtà sono solo delle abitudini errate che sorgono dalla confusione dell’ignoranza, per questo è possibile eliminarle attraverso un’indagine con una mente che comprende il suo oggetto in modo corretto. Una saggezza che comprende la vacuità, la realtà ultima.
Ogni comprensione viene dall’abitudine alla riflessione e alla meditazione.
Quando abbiamo investigato correttamente quali sono le sofferenze e le sue cause ecco che comprendiamo la possibilità di liberarci e sorge un desiderio genuino di liberazione.
La comprensione della saggezza che comprende la realtà è indispensabile prima di entrare nel sentiero.
I bodhisattva intelligenti generano la saggezza che comprende la vacuità, prima di entrare nel sentiero. Comprendere un oggetto, concepito come vero dall'ignoranza, come non completamente esistente, origina la saggezza che realizza la mancanza del sé. Ciò che viene compreso come un sé dall'ignoranza è un'allucinazione.

Grazie, Buon appetito!”


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