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Breve storia dell’etere: dagli antichi Greci fino al XX secolo
Scienza e Fisica Quantistica
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Fisica, atomi e storia. Cos’è l’etere e come è nato? Un’analisi approfondita partendo dall’antica Grecia fino ai giorni nostri
Gabriele Muratori - 31/12/2023
Etere: fu una figura della mitologia greca, personificazione divinizzata dell’atmosfera superiore, purificata perché respirata soltanto dagli dèi dell’Olimpo.
Il filosofo greco Democrito, primo nella storia dell’Occidente a parlare di atomi, afferma che l’atomo si sviluppa proprio da vortici, i quali si creano nel “vuoto”, in questo caso specifico non dissimile dall’etere. Attraverso questo movimento di vortici ha luogo la formazione di atomi e oggetti di materia in un ciclo di trasformazione senza fine, di nascita, morte e rinascita.
Nelle scienze antiche e medievali l’etere rappresentava un concetto classico, definito quale quinto elemento dopo i quattro fondamentali (Fuoco, Terra, Aria, Acqua) nelle premesse teoriche della materia alchemica e nella filosofia della natura.
È fondamentale richiamarsi a questo concetto perché è sempre stato argomento, più o meno manifesto, di discussione lungo il corso dello sviluppo della nostra cultura e filosofia. Cartesio (1596-1650), il matematico della tridimensionalità, credette nell’esistenza dell’etere e spiegò questa sua esistenza come il mezzo in cui, nel sistema solare, come in un gigantesco vortice, i pianeti sono immersi e come la causa che produce la loro rivoluzione intorno al Sole.
Anche grandi fisici come Isaac Newton (1643-1727), in certi tratti delle loro opere scientifiche, hanno parlato di etere. In un suo recente libro dal titolo Invenzioni non autorizzate, lo studioso indipendente Marco Pizzuti riprende con puntualità e competenza queste interessanti informazioni.
Si afferma in più di una pubblicazione che Isaac Newton non fosse un assertore dell’esistenza dell’etere, ma sembra parlarne in più occasioni, vediamo le citazioni testuali: «Io suppongo che vi sia diffusa ovunque una sostanza eterea, capace di contrarsi e di dilatarsi, fortemente elastica e del tutto simile all’aria da ogni punto di vista, pur essendo molto più sottile di essa».
In un’altra occasione nel 1704, nella prima edizione di Opticks, sua opera sull’ottica, postulò l’esistenza di «un mezzo etereo capace di trasmettere vibrazioni più velocemente della luce». «E questo mezzo non è identico a quel mezzo mediante cui la luce è rifratta e riflessa e per effetto delle cui vibrazioni la luce comunica il calore ai corpi ed è spinta verso accessi di facile riflessione e di facile trasmissione? [...] E questo mezzo non è estremamente più raro e sottile dell’aria, ed è più elastico e attivo? E non penetra facilmente in tutti i corpi? E non è sparso (a causa della sua forza elastica) in tutti i cieli?».
Nello stesso testo Marco Pizzuti riferisce anche del lavoro di James Clerk Maxwell (1831-1879), il celebre fisico che riuscì a calcolare e spiegare tutti i fenomeni elettromagnetici con una sola teoria unitaria. I suoi studi permisero per esempio di dedurre che campo elettrico e campo magnetico sono manifestazioni di una sola realtà fisica e di attribuire alla luce le proprietà di un’onda elettromagnetica. Ancora oggi tutte le sue equazioni sono considerate valide, nonostante siano state elaborate sul concetto di etere. Delle venti equazioni originali elaborate fino al 1865, oggi se ne conoscono solo quattro, poiché le restanti vennero escluse dallo stesso Maxwell nelle successive edizioni dei suoi scritti, per fini di semplificazione. Sta sorgendo un grande interesse, proprio ai giorni nostri, sulla riscoperta di queste sedici importanti equazioni perdute, che spiegherebbero invece numerosi fenomeni dell’universo, compresa la presenza dell’etere.
Augustin Jean Fresnel (1788-1827) a cui si deve la formulazione dei cosiddetti integrali di Fresnel, strumenti matematici attraverso i quali riuscì a elaborare una teoria che spiegasse tutti i fenomeni ottici (riflessione, rifrazione, interferenza e diffrazione), spiegò la natura ondulatoria della luce come un “vibrare in un mezzo fluido”.
Più tardi Heinrich Rudolf Hertz (1857-1874) dimostrò che anche l’elettromagnetismo confermava l’ipotesi che lo spazio fosse pieno di un mezzo vibrante fluido (poiché si propagava per oscillazione).
Guglielmo Marconi (1874-1937) successivamente si avvalse di questo concetto inventando la telegrafia senza fili e la radio. Tuttora le trasmissioni radio sono dette “Via etere” come se il concetto fosse rimasto inalterato attraverso tutto questo tempo.
In fisica, nel corso del XIX secolo, l’etere fu, quindi, considerata una sostanza universale, secondo un modello teorico che la considerava il mezzo attraverso cui si trasmettevano le onde elettromagnetiche, come per esempio la luce e i raggi X, analogamente al modo in cui le onde sonore vengono trasmesse attraverso mezzi elastici come l’aria e le onde marine dall’acqua.
Si supponeva che l’etere fosse privo di peso, trasparente, privo di attrito, non individuabile chimicamente o fisicamente e capace di permeare tutta la materia e lo spazio. Tale teoria incontrò crescenti critiche, finché nel 1881, al fine di dimostrare definitivamente l’esistenza dell’etere, Michelson e Morley misero in atto un esperimento, designato specificamente a individuare il moto della terra attraverso l’etere. Questo esperimento non dimostrò nulla, dimostrò l’assenza di qualsiasi suo effetto. Calò quindi un pesante sipario sull’esistenza dell’etere, rinforzato dal fatto che poco più tardi la teoria della relatività avrebbe postulato al contrario lo spazio come vuoto, cioè il nulla al di fuori di quanto non ha massa. Non completamente rassegnati al fallimento dell’esperimento di Michelson e Morley, alcuni scienziati sentirono dopo pochi anni l’esigenza di rivedere e valutare criticamente i loro esperimenti eseguiti.
Ad esempio Dayton Miller, basandosi sugli studi dei due scienziati, effettuò una lunga serie di esperimenti, durati oltre vent’anni, con oltre 200.000 misurazioni, trovando sempre risultati che, invece, confermavano l’esistenza di un etere che influenzava la Terra nel suo spostamento nel cosmo. Dai risultati degli esperimenti emerse, inoltre, che la velocità della luce non era costante in tutte le direzioni, ma variava in funzione di esse. In base a queste scoperte, oltre a dimostrare la presenza di un etere nel cosmo, veniva automaticamente invalidata anche la teoria della relatività di Einstein. Tuttavia la teoria del vuoto oramai aveva preso piede e sembrava desse soddisfazione a buona parte degli scienziati mondiali, e nessuno aveva in quel momento intenzione di rimetterla in discussione.
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