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 Intossicazioni da cibo: come il cervello ricorda
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Inserito il - 07/04/2025 : 10:10:15  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Intossicazioni da cibo: come il cervello le ricorda (e perché ci importa)

Come fa un'esperienza negativa a tavola, anche lontana nel tempo, a creare ricordi duraturi nel cervello? Saperlo è importante per la cura dei traumi.

6 aprile 2025 - Elisabetta Intini

Un boccone di sushi non freschissimo che ci ha fatto stare male può bastare a rovinare per sempre il nostro rapporto con questo tipo di cibo. Come fa una singola intossicazione alimentare anche non recentissima a lasciare tracce così indelebili nel cervello? Un gruppo di neuroscienziati dell'Università di Princeton ha individuato il meccanismo cerebrale che permette di ricordare le pietanze che ci hanno dato problemi, così da evitarle in futuro.

La ricerca, pubblicata su Nature, riguarda solo apparentemente un argomento "di nicchia": chiarire in che modo il cervello formi connessioni tra eventi distanti nel tempo potrebbe infatti informare la ricerca, e la terapia, delle malattie legate a ricordi traumatici (non solo inerenti al cibo).

A SCOPPIO RITARDATO. Benché le intossicazioni alimentari riguardino un po' tutti almeno una volta nella vita, come il loro ricordo si cementi nel cervello è piuttosto misterioso. Questo tipo esperienza è infatti molto diversa da altre forme di apprendimento del dolore fisico, per via della distanza temporale tra quando mangiamo qualcosa di tossico e quando iniziamo ad avvertirne i sintomi.

NON LA VOGLIO PIÙ VEDERE! Gli autori dello studio hanno simulato un'intossicazione alimentare nei topi offrendo loro qualche sorso di una bevanda artificiale molto dolce al gusto d'uva seguita da un'iniezione di una sostanza che provocava un temporaneo malessere, con i sintomi tipici di un'intossicazione. Due giorni dopo, i topi esposti a quella stessa bevanda comprensibilmente la evitavano, preferendole l'acqua.

IL CENTRO DI APPRENDIMENTO. Christopher Zimmerman, primo autore dello studio, ha osservato che in ogni fase dell'esperienza dei topi, l'associazione tra bevanda e malessere attivava l'amigdala centrale, dove risiedono neuroni coinvolti nell'apprendimento delle emozioni e della paura, ma anche nell'analisi di stimoli ambientali, come sapori e odori. Queste cellule erano attive quando i topi hanno bevuto e conosciuto il nuovo sapore, lo erano quando si sono sentiti male, e pure quando hanno ricordato l'evento negativo evitando così di bere di nuovo quel succo.

COLPA DI QUELLO CHE HO MANGIATO! Il gruppo di scienziati ha inoltre ricostruito in che modo il segnale del malessere viaggi dall'intestino al cervello. Secondo gli autori dello studio, i sapori nuovi potrebbero indurre certe cellule cerebrali a rimare sensibili ai segnali di eventuali malesseri per alcune ore dopo il pasto, permettendo così a queste stesse cellule di essere riattivate nel caso si stia effettivamente male. In questo modo i neuroni riuscirebbero a connettere la causa del disagio fisico con il suo effetto, nonostante sia passato del tempo da quell'esperienza.

UN BUON ESEMPIO. «Spesso quando impariamo nel mondo reale, c'è un lungo ritardo tra una scelta che abbiamo compiuto e il risultato. Ma questo non viene in genere studiato in laboratorio, quindi non comprendiamo realmente i meccanismi neurali che supportano questo tipo di apprendimento su lunghe distanze temporali» spiega Zimmerman. La scoperta potrebbe far luce su come si formano i ricordi nelle persone che hanno sofferto traumi, come quelle ora affette da disturbo da stress post-traumatico.

https://dx.doi.org/10.1038/s41586-025-08828-z

da focus.it

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